A differenza del mio solito questo sarà un post lungo, chiedo venia.
Oggi voglio parlare del tema della morte e del buon morire.
Non è facile per me parlare di un argomento così ampio, così delicato e soprattutto che ha così tanti modi di essere visto, o non visto. Parlo chiaro, come in genere amo fare.
Ci sono tante tesi, la maggior parte simili ma con sfumature diverse, su quello che succede quando il nostro cuore smette di battere e veniamo dichiarati clinicamente morti.
Nel corso del tempo ne ho sentite di ogni.
Ho sentito dell’esistenza di un giudizio da parte di Dio, che a seconda del nostro operato ci assegnerà al paradiso, al purgatorio o all’inferno.
Ho sentito che moriremo e poi ci re-incarneremo in nuovi corpi, umani e/o animali, o minerali, a seconda del nostro karma.
Ho sentito che non vale la pena di pensare alla morte ma bisogna godere appieno di quel che la vita ci può offrire, perché dopo “non c’è nulla”.
Ho sentito di persone che si son viste dall’alto distese sul tavolo operatorio, son state dichiarate morte ma poi si sono risvegliate, narrando storie che sorprendono loro per prime.
Ho sentito di curandere che scelgono il momento della loro morte; quando è il momento avvertono la vicina che vanno sulla montagna… ed entrambe sanno che da quella montagna la stessa non farà ritorno; sarà la vicina che, dopo qualche giorno, salirà a recuperare il corpo senza vita dell’altra.
Ho sentito che qualche giorno prima della nostra morte sappiamo che la stessa sta arrivando, lo sentiamo. Mia nonna se lo sentiva, tanto che aveva molta fretta di sistemare le sue cose familiari, era impaziente. Stava bene ma aveva fretta. Una parte di lei dunque lo sapeva ma l’altra non si aspettava di morire; la morte per lei è arrivata improvvisamente, nel giro di 5 minuti l’ha portata con sé. Lasciando lei e noi tutti completamente disorientati e sotto shock. Aveva 75 anni e per noi sarebbe vissuta a lungo, era un vulcano, forse la più energica della famiglia. Quando mio padre mi disse che era morta la mia risposta fu: “mi stai prendendo in giro?”
No, non lo stava facendo. Ed io non ero pronta, nessuno di noi lo era.
Anche se la stessa notte in realtà avevo fatto un sogno premonitore di quello che sarebbe successo. Ma quel sogno, come spesso i sogni fanno, era sibillino… e lo capii solo in seguito, a fatto avvenuto. Magari lo racconterò più avanti, ora non è questo il tema del mio post.
Ho sentito che alcuni monaci tibetani, praticanti attivi di meditazione, continuano a vivere per un certo tempo, ore, giorni, anche quando il loro cuore ha smesso di battere, prima che l’anima intraprenda il suo viaggio.
Ho sentito che l’anima fatica a comprendere che è morta, che a volte non se ne rende conto, specie se la morte avviene in circostanze improvvise o se la stessa persona pensa che non ci sia nulla poi.
Ho sentito che si possono vedere milioni di colori, luci e flash, ombre e mostri, una specie di trip, che può essere anche molto inquietante.
Ho sentito che nel passaggio i nostri cari ci vengono a prendere, per accompagnarci; ho sentito che, a volte, gli stessi non li riconosciamo immediatamente, ci sembrano estranei.
Ho sentito che a volte vediamo un tunnel di luce e naturalmente ci avviamo in quella dimensione.
Ho sentito che ci sono tante dimensioni parallele e in quelle dimensioni ognuno trova quel che si immaginava in vita.
Ho sentito che arrivano angeli, a prendere l’anima e portarla al cospetto dell’Altissimo.
Ho sentito che possiamo continuare a restare a fianco ai nostri cari, che sembra bello ma non lo è, se lo facciamo rubiamo la loro energia e la loro gioia, senza essere né sereni né felici.
Ho sentito che risorgeremo nell’ultimo giorno. E ho sentito che “quell’ultimo giorno” altro non è che proprio lo stesso giorno della nostra morte, senza dover attendere poi.
Ho sentito che ci porta la cicogna 😄
Insomma, scherzi a parte, ne ho lette e sentite tante. Ma tante davvero.
La maggior parte con contenuti simili, o simili all’idea che mi sono fatta io, nel tempo, di quel che avvenga in questo passaggio.
Idea frutto della mia storia e della storia della mia famiglia, frutto del contesto culturale nel quale sono cresciuta, frutto dei miei studi, frutto soprattutto delle esperienze che ho vissuto fin da piccola, delle domande che ho fatto “in alto” e delle risposte che mi sono arrivate.
Una cosa però credo sia fondamentale, parlando della morte.
Ed è che, volente o nolente, lei a un certo punto arriverà per ciascuno di noi.
Ci troverà pronti ad accoglierla?
Nella mia famiglia forse l’unica pronta ad accoglierla è stata mia nonna paterna, Flora.
Non ho potuto chiederglielo perché la demenza senile che l’aveva afflitta qualche anno prima della sua morte, avvenuta dopo i 90 anni, le aveva tolto la capacità di seguire discorsi e rispondere alle domande.
Ricordo i discorsi senza senso che facevamo, quando la andavo a trovare. Lei mi guardava, io le sorridevo e lei rideva, come una bambina piccola 🥰❤️
Quando morì capii che lei era andata via serena.
Standole a fianco, osservandola nella bara, capii che la sofferenza vissuta per tanti anni l’aveva preparata a quel passaggio e che era morta serena.
La morte non la colse impreparata, come avvenne invece per mia nonna materna, Maria, Mary per noi.
Per Mary fu un passaggio veloce ma difficile, difficile perché non aveva avuto il tempo di fare quello che sentiva importante, perché non aveva avuto il tempo di salutarci, perché… perché no, diamine, non era ora!
Fu difficile per lei, lo fu per tutti noi.
Ricordo che un paio di persone mi dissero: “Dai, almeno non ha sofferto”.
Le compresi, la sofferenza non piace a nessuno.
Pensando alla mia morte vorrei che questa avvenisse in consapevolezza, senza sofferenza, come in quei film dove la donna anziana, sul letto di casa sua, sa che sta per andare e lo sanno anche i suoi cari… e sono tutti sereni, anche se tristi.
Ma, se così non sarà, personalmente preferirei soffrire e rendermi conto che sto per morire, piuttosto che morire quasi senza accorgermene come ha fatto Mary. Perché?
Perché credo sia importante prepararsi alla morte. Credo sia importante conoscere cosa ci aspetta, esternare quello che abbiamo dentro, magari avere la possibilità di parlarne con qualcuno.
È importante scegliere di lasciare il corpo, magari con la curiosità di scoprire cosa ci attende invece che con la paura; sceglierlo, non subirlo.
È importante che qualcuno ci dica che non finirà tutto, con quel passaggio.
Che avremo un percorso da fare, che saremo aiutati in quel percorso, non saremo soli.
Che possiamo fidarci e andare dove dobbiamo, dove ci indicheranno.
Che poi potremo tornare, nella nostra nuova forma, per stare vicini a coloro che abbiamo amato in vita.
È importante che le stesse persone siano pronte a lasciarci andare. Quando questo non avviene spesso l’anima del defunto non è libera di fare quello che deve, nella nuova dimensione.
Vedere il dolore, sentire che i familiari non vogliono che la stessa vada, spesso aggancia l’anima e questo non è sano, né per la stessa né per chi resta.
Con questo non voglio dire assolutamente che non debba esserci dolore quando la persona muore, o che lo stesso non debba essere mostrato. Siamo umani e il dolore e tutte le emozioni ad esse associate sono sacre.
Dico che lo stesso dolore può essere vissuto in maniera diversa quando, e se, si è pronti al distacco. Quando ci si è preparati.
È facile? No, non lo è. Ma è possibile farlo, ed è una cosa molto importante e buona, per tutti.
Questa finestra sull’Oltre, questo spiraglio e questa attenzione sulla nostra Anima, sul nostro mondo spirituale, sulle cose importanti per noi è parte del nostro viaggio.
Ci aiuta a viaggiare meglio, con consapevolezza e leggerezza.
Ci aiuta a guardare il mondo e quello che viviamo con uno sguardo che non è solo il nostro ma è lo sguardo del Divino e del nostro essere creature divine, parti di qualcosa di più grande di noi.
Dà senso e forza alle nostre giornate e a quello che viviamo e potremo vivere.
E dà senso al nostro morire. Che non è la fine di tutto ma solo un nuovo inizio.
E se questa preparazione alla nostra futura morte la cominciassimo a fare tutti, già da ora, senza aspettare?
Dedicando qualche minuto delle nostre giornate a leggere o guardare qualcosa che parla della morte.
A leggere, o guardare, qualcosa che parla della vita dopo la morte.
Dedicare tempo alla preghiera, alla meditazione, a sentire il contatto con quello che la nostra anima, la nostra parte interiore desidera, per trovare ristoro e quiete.
Per fare questo serve prendersi un momento per fermarsi, fermare tutte le voci attorno e dentro a noi e fare silenzio.
Stare in silenzio. Io amo il silenzio ma so che per molti è quasi insostenibile.
E se provassimo invece a far diventare il silenzio un alleato?
Credo che molti di voi già dedichino tempo a quanto sopra e provo tanta gioia per questo. Siamo anime in cammino, camminiamo provando a fare del nostro meglio per migliorarci ed evolvere, in tutti i piani.
Non mi sento maestra in niente, specialmente su questi argomenti così delicati e intimi. Ma ne parlo perché ciascuno di noi ha una via e un compito, o più compiti, da portare, frutti da condividere perché siano di supporto ad altri. E in quest’ambito sono chiamata a mettere un po’ del mio, cercando di fare del mio meglio.
Non è facile, anzi, mi ha fatto mettere molto in discussione e continua a farlo.
È un cammino, non in discesa. Ma ci sono per affrontarlo, ovunque mi voglia portare.
Non da sola, da sola nulla potrei.
Cammino con la Fede, chiedo di averla sempre più forte e autentica, con radici sempre più profonde.
Cammino con l’aiuto delle anime che in questo percorso terreno mi affiancano, perché sentono lo stesso invito a fare.
E cammino con l’aiuto di tutti coloro che, dall’altra dimensione, ci guardano e ci sorreggono, mostrandoci la via 🙏